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La musica (Renzo Zenobi)
Amava un pianoforte di vetro caldo ancora non soffiato io credo che fu un errore, si prese l'anima insieme alle mie mani; persone distratte che non sognano a colori che non colgono note per far la coda agli aquiloni, mi guardano nel circo troppo povero per i leoni e gli acrobati in vestaglia sono le loro occupazioni; il mio ponte ha un'arcata forse facile a una pianta malata di illusioni.
Nel sole o alla battaglia regala tessere per mille pacchi dono, consola le giostre vuote sopra una foto di molti anni prima; la musica mi ha visto mentre fuggivo dall'amore che stringevo i miei denti contro l'ultimo dolore, la musica è cresciuta come un albero nella mente niente pane fra i suoi rami solo sconfitte e chiodi per la gente; e la luna questa sera ha solo nuvole ha un guardiano una radio e il suo notturno.
Guarda, piove, agli alberi alla terra sui vetri in ospedale sopra, vagoni, cortili di caserma sui campi d'orzo da sudare troppe, volte, cercavo tasche larghe alle mie dita santità in dieci lezioni, foglie stanche di andare sul selciato vorrebbero una collezione, un flauto di sambuco è bastato ai miei occhi per non vedere.
Nei posti i più diversi ho raccontato sulle mie corde storie, per gente la più diversa ho costruito colline di candito; la musica è venuta ogni volta che ho chiamato ogni volta che un tuono il suo lampo ha cancellato, la musica è volata oltre le cime sopra le croci non ha gioia né amore non conosce le loro voci; e vorrei per te amico solo un attimo senza pensare alla tua strada in sassi.
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