Silvia
Danze
La fine di una storia
Giornate di tenera attesa
Una pioggia d'affetto
Cascate
Marinara
E ancora le dirai ti voglio bene
Telefono elettronico
Aviatore
Io e te su quei giorni
Fumatori
Felci sudate
E sei di nuovo solo
A questo cielo capovolto che tutti chiamano mare
Che stella che sei
Corriera di Natale
Temporale

L'atmosfera che pervade questo splendido brano ci riporta indietro nel tempo, ai primi anni '50. Sia l'impianto musicale che molti particolari del testo ( i nomi delle ragazze, il "bombardamento", le "guerre", il titolo stesso dal sapore arcaico ) richiamano alla mente l'epoca del secondo dopoguerra. Ciò nonostante la canzone è attualissima, direi fuori dal tempo, e la situazione potrebbe essere tranquillamente trasposta ai giorni nostri: tre ragazze, tre amiche con il loro lavoro, alla ricerca dell'amore, con i loro tormenti interiori e la danza per cercare di allontanarli, almeno per un momento.
Sorprende la capacità dell'autore di riuscire a calarsi nell'universo femminile e scavare nei sentimenti e nella sensibilità dell'animo di una donna. 

 

 

Danze

(Renzo Zenobi)

 

E' una sera tra mille che Lidia, Marietta e Mirella
hanno il vento in comune
e una voglia proprio sotto le scarpe,
una voglia di appoggiarsi alla musica e ballare
le notti e scordare così i perché
che non servono a niente.
"Sono i fatti avvenuti che contano" disse Mirella,
io pensavo come bombardamento che lascia in giro
solo fuochi violenti.

Oggi nel giorno ognuna di loro ha inventato un lavoro
tutte si curvano
e regalano sorrisi lontani lontani
ma nessuno può vendere o amare
i loro pensieri stemperati nel mare
o fra i capelli di un uomo.
Lidia, esempio, che ha dato quel poco di dote al caffè
e adesso siede davanti ai "Prego, gradisce un amore"
e dà, e dà i resti alla gente.

Ragazze di due guerre,
sognatrici di sempre
accomodate fra i soldati e i perplessi
davanti all'orchestra
a succhiare gazzosa e la sigaretta.
Moschettieri al convento
di una storia coltivata,
c'era tutta l'Italia e correva sopra un tango
o abbandonata sotto un lento rubato;
loro sempre là, a guardare e avere paura
e essere donne,
ed essere brave a farsi da specchio.

E ancora ne ho viste che andavano senza cappello
ne ho viste in trattoria,
che mangiavano senza compagnia;
e poi vive sotto il cielo di un cinema
e ai portoni deserti, né un braccio sotto i portici
e oltre gli orti di Roma.
Ora frusciano fresche di lino in silenzio perfetto
e girano, girano la pista e hanno tutte un dolore
magari sulla punta del cuore.